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L’incertezza normativa esclude le sanzioni tributarie

In caso di incertezza normativa dovuta all’assenza di precedenti giurisprudenziali che hanno fatto chiarezza sulla questione impositiva, non sono dovute le sanzioni. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione Sezione Tributaria in concomitanza dell’Ordinanza n°26431 del 19/10/2018. I Giudici di Legittimità  contrariamente a quanto disposto dalla CTR Lombardia hanno disposto la non debenza delle sanzioni a carico del contribuente allorquando è chiaramente configurabile una oggettiva incertezza normativa che non ha il suo fondamento nella reale impossibilità  del contribuente di pervenire allo stato di conoscenza della norma giuridica tributaria, anche in considerazione della mancanza di precedenti giurisprudenziali a causa del quale si entra nel vasto mare dell’incertezza normativa. Gli Ermellini nel caso di specie hanno ritenuto possibile la non irrogazione delle sanzioni a carico della società, facendo salve le disposizioni normative di cui all’art.6, commi 2 e 4 del D.lgs.n°472/1997 giustificando la non punibilità del contribuente in sede sanzionatoria.


Il Caso:

Entrambi i gradi di giudizio relativi al merito confermavano la debenza della sanzioni dovute a seguito della emissione di un avviso di accertamento IRPEG, IVA, IRAP riferite al periodo d’imposta 2003 con il quale l’ufficio impositore chiedeva il pagamento di un importo pari a euro 200.000 giustificato dal mancato riconoscimento da parte dell’ufficio del trattamento di fine mandato spettante ai componenti del Consiglio di amministrazione della società che aveva presentato ricorso. In altre parole, l’ufficio impositore non aveva ritenuto deducibile il compenso differito per TFM secondo il principio di competenza Alla richiesta di versamento dell’importo, l’ufficio applicava in sede di accertamento le sanzioni e gli interessi. Sia in primo grado che in sede di gravame i Giudici tributari aditi ritenevano dovute anche le sanzioni irrogate dall’agenzia delle entrate. Avverso la sentenza della C.T.R. Lombardia proponeva ricorso per cassazione la società destinataria dell’avviso di accertamento eccependo la violazione degli artt.105 e 17 del TUIR, rinviando ai commi 1 e 2  ritenendo deducibile ex lege il costo riconducibile al compenso differito per TFM secondo il principio odi competenza. Si costituiva altresì l’avvocatura generale dello Stato a difesa della pretesa impositiva contenuta nell’avviso di accertamento opposto.

 

 

-Il principio disposto dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n°26431 del 18/10/2018:

Preliminarmente rileva segnalare che l’accertamento di uno stato di incertezza normativa è censurabile in sede di legittimità solo per violazione di legge e non implicando ciò un giudizio di fatto che è prerogativa del giudice di merito. Va da se che è opponibile in sede di legittimità solo una questione di diritto nei limiti in cui la stessa risulta proposta in riferimento a fatti già accertati e cristallizzati nei due giudizi di merito (Cass. Ord.11452/2014; Cass.Ord.4394/2014).

Pertanto, non può essere taciuta la circostanza secondo cui il controllo sulla sussistenza dello stato di incertezza normativa è censurabile unicamente in sede di legittimità per la possibile violazione di una norma di legge non implicando ciò la ri-valutazione di fatti oggettivi già vagliati dal Giudice di merito.

Fatta questa precisazione dovuta, ad avviso di chi scrive è particolarmente interessante la pronuncia in commento così come depositata dai Giudici di Palazzaccio non condivisibile per alcuni aspetti.

In particolare, ex ante, come già segnalato in sede di gravame la CTR Lombardia aveva disatteso la richiesta di disapplicazione delle sanzioni come inoltrata dalla società appellante non ritenendo configurabile la condizione di oggettiva incertezza interpretativa tale da giustificare la disapplicazione della previsione normativa e ritenendo il Giudice di appello non sussistente nel caso de qua una pluralità di prescrizioni il cui coordinamento appaia difficoltoso; bensì, una semplice controvertibilità di valutazioni giuridiche dei presupposti dell’obbligazione tributaria. In realtà, si tratta di un orientamento giurisprudenziale non condiviso in sede di legittimità dalla Corte di Cassazione che diversamente a quanto disposto in sede di gravame ha ritenuto fondato il motivo di doglianza mosso dalla società in sede di legittimità. In particolare, la Corte ha ritenuto giustificabile la non irrogazione delle sanzioni a carico del contribuente  principalmente per la configurabilità di una “incertezza normativa oggettiva” che non trova la sua ratio nell’ignoranza giustificata bensì nella impossibilità, abbandonato lo stato di ignoranza, di pervenire comunque allo stato della conoscenza sicura della norma giuridica tributaria, anche in considerazione della mancanza di precedenti giurisprudenziali che già si sono espressi sulla questione impositiva in oggetto.

Tale ultimo assunto così come palesato dagli Ermellini nell’ordinanza in commento, non può essere condiviso. In particolare, deve essere respinta la tesi secondo cui in mancanza di una giurisprudenza di riferimento consolidata, il comportamento trasgressivo del contribuente a cui non sia imputabile colpa o mancanza di buona fede andrebbe esente dalla irrogazione a suo carico delle sanzioni riconducibili alla specifica violazione tributaria dallo stesso commessa. Tale assunto trova la sua ratio in considerazione del fatto che l’incertezza normativa cosiddetta oggettiva che costituisce la causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria postula una condizione di inevitabile incertezza in ordine al contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria.

Del resto, l’orientamento palesato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza in commento porta all’assurda considerazione secondo cui tutte le violazioni dei precetti tributari sarebbero sempre incolpevoli fino a quando non sussiste un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Precisamente, possiamo dire che una norma ha un significato oggettivamente incerto allorquando l’interpretazione che di essa ha dato la giurisprudenza sia oscillante tra i diversi risultati ermeneutici e non univoci. Per incertezza normativa obiettiva, quale causa di esenzione del contribuente da responsabilità deve intendersi in primo luogo, ma non esclusivamente la produzione del norme il cui accertamento è rimesso alla esclusiva valutazione del giudicante.

Ritornando all’Ordinanza in commento nella casistica in esame, gli Ermellini hanno fatto salva l’applicazione della previsione normativa di cui all’art.6, comma 2 e comma 4 del D.lgs.n°472/1997 in cui è espressamente disposto la non punibilità del contribuente in ordine alla irrogazione delle sanzioni applicabili in base al tipo di violazione tributaria contestata dall’ufficio.

In particolare, l’art.6, comma 2 del D.lgs.n°472/1997 tra le cause di non punibilità del contribuente dispone espressamente: “non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obbiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamenti”. Nel successivo comma 4 dello stesso articolo è disposto altresì: “l’ignoranza della legge tributaria non rileva se non si tratta di ignoranza inevitabile”.

Proprio su questo aspetto ha posto l’accento la Corte di Cassazione rilevando nel caso di specie una incertezza normativa oggettiva in quanto tale non imputabile ad un comportamento negligente e tanto meno inerte del contribuente e, pertanto non evitabile tanto più in considerazione del fatto di avere constatato i Giudici di Palazzaccio che in ordine alla questione impositiva relativa alla deducibilità o meno del compenso differito per TFM non si sono trovate pronunce giurisprudenziali  precedenti che hanno fatto chiarezza sul punto controverso. Non può, tale ultimo assunto evidenziato dai Giudici di Palazzaccio essere considerato una conditio sufficiente per legittimare una causa di non punibilità.