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La notifica di un avviso di accertamento è nulla se viene effettuata presso il vecchio luogo di residenza decorsi sessanta giorni dalla comunicazione di variazione all’ufficio competente

In materia di notificazione degli atti tributari relativi alle imposte sui redditi ai sensi dell’art. 58, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973 la variazione della residenza anagrafica del contribuente, decorso il termine di legge di sessanta giorni dall’intervenuta iscrizione nei registri comunali, è opponibile all’ente impositore ed all’incaricato per la riscossione, indipendentemente dalla sua comunicazione all’Ufficio comunale, implicando ciò la nullità della notifica  E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione in occasione della Ordinanza 24 luglio 2025, n. 21025Sezione Tributaria. Pertanto, in caso di notifica di un atto impositivo, spetta sempre al soggetto notificante, verificare l’ultimo luogo di residenza del destinatario della notifica al fine di non pregiudicare la valenza giuridica della notifica stessa. I giudici di Cassazione in occasione dell’Ordinanza sopra richiamata hanno pertanto ribadito con chiarezza il modus operandi che il notificante deve adottare in caso di notifica di un atto impositivo ad un contribuente sia esso persona fisica o giuridica. Trattandosi di atti di una certa rilevanza quale per esempio,  un avviso di accertamento, una cartella di pagamento, un avviso di intimazione di pagamento emesso dall’Agenzia delle entrate o dall’Agenzia delle entrate per la riscossione, l’inosservanza da parte del soggetto notificante delle disposizioni normative espressamente previste dal DPR n°600/1973 implica inevitabilmente la nullità della  notifica dell’atto, pregiudicando ciò anche la  valenza interruttiva (della notifica) della stessa rispetto ad eventuali eccezioni di prescrizione del credito tributario eccepibili davanti al giudice tributario. In altre parole, la Cassazione la notifica eseguita presso la vecchia residenza del contribuente è nulla anche se quest’ultimo non ha comunicato all’Ufficio competente tale variazione. La norma, infatti, prevede che decorsi 60 giorni dalla modifica in Comune della propria residenza essa è opponibile all’Erario e a nulla vale il fatto che la consegna dell’atto impositivo sia stata effettuata nelle mani di un parente o comunque di un soggetto terzo che risiede presso la vecchia residenza. Per cui, è molto importante fare attenzione alle modalità adottate dall’ufficio nel momento in cui viene effettuata la notifica di un atto.

 

Il caso:

La questione posta al vaglio dei giudici della Corte di Cassazione ha ad oggetto nel caso di specie la notifica di una cartella di pagamento effettuata presso lo studio di un professionista, non avendo il soggetto notificante, trovato il vecchio indirizzo di residenza del professionista; in alternativa, chi ha effettuato la notifica ha pensato bene di consegnare la cartella di pagamento presso lo studio professionale del contribuente, trattandosi nel caso di specie di un commercialista. La notifica nel caso di specie non è avvenuta nelle mani del professionista destinatario dell’atto. In concomitanza del giudizio di merito ed in particolare in sede di appello il Collegio tributario adito dava ragione all’Amministrazione finanziaria, ritenendo valida la notifica dell’atto impositivo effettuata dal messo notificatore, anche se effettuata presso lo studio professionale del commercialista e non presso il suo ultimo luogo di residenza. Il professionista, presentava ricorso per Cassazione in sede di legittimità facendo ivi valere le proprie ragioni; in particolare, il commercialista, riteneva nel caso di specie viziata la notifica dell’atto impositivo in considerazione delle modalità adottate dal soggetto notificante in deroga a quanto previsto dall’art.58, comma 5 del DPR 600/1973.

 

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n°21025 del 24 luglio 2025 sulle modalità di notificazione di un atto impositivo in caso di sopravvenuta variazione di residenza

Per la Corte di Cassazione adita non risulta completamente comprensibile la tesi dell’Agenzia delle entrate riscossione che ha cercato, per quanto possibile, di difendere la propria posizione. In particolare, l’ufficio ha evidenziato che la notifica deve eseguirsi presso l’abitazione di residenza o il luogo di lavoro purché si trovino nel Comune di residenza. Tuttavia, la questione centrale posta al vaglio della Corte di Cassazione è che la notificazione è stata tentata presso il Comune quando il ricorrente aveva da tempo trasferito la propria residenza in un altro Comune. Non solo, l’Agenzia delle Entrate riscossione riteneva che nella dichiarazione dei redditi competenza 2008 il contribuente aveva indicato il suo domicilio fiscale. Dall’esame del documento riprodotto dalla controricorrente nel suo scritto difensivo è emerso  che il professionista aveva dichiarato di avere il domicilio fiscale al 01/01/2009; ma, nello stesso atto, il professionista, indicava altresì di avere la residenza nella nuova città  già dal 2.1.2009, mentre,  la notificazione dell’atto impositivo è stata tentata dal messo notificatore il 29.11.2009, ossia, dieci mesi dopo l’avvenuto cambio di residenza del resto  già formalizzato con regolare comunicazione all’ufficio comunale competente.

Tanto premesso, i giudici della Corte di Cassazione sulla questione in esame hanno precisato  che ai sensi dell’art. 58, comma 2 , del D.P.R. n. 600 del 1973 nella versione applicabile ratione temporis, “Le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte” e, ai sensi del comma 5 dello stesso DPR n°600/1973 “Le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate”.

Nella casistica posta al vaglio dei giudici di Palazzaccio il contribuente ha conseguito la variazione anagrafica del Comune di residenza già in data 2.1.2009, quindi, dieci mesi prima del tentativo di notificazione dell’avvenuto il 29.11.2009. La Corte di Cassazione ha altresì precisato nell’Ordinanza sopra richiamata che la variazione della residenza, decorso il termine di legge di sessanta giorni è opponibile all’Amministrazione finanziaria “a prescindere dalla sua comunicazione all’Ufficio”. Per tali ragioni il ricorso presentato dal contribuente è stato accolto dalla Corte di Cassazione che ha disposto l’inesistenza giuridica della notifica dell’atto impositivo con conseguente condanna alle spese di lite a carico dell’Agenzia delle entrate riscossione.