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Gli immobili “F3” in corso di costruzione pagano l’IMU come area fabbricabile

E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione in concomitanza della sentenza N°11694 dell’11 maggio 2017 in materia d’ IMU. Nella casistica in esame i Giudici di Palazzaccio hanno disposto che l’accatastamento di un nuovo fabbricato nella categoria fittizia  F3 riferita all’unità immobiliare in corso di costruzione non è condizione sufficiente per l’assoggettamento ad imposta del fabbricato. In tal caso, l’imposta si applica con riferimento all’area fabbricabile prendendo in considerazione il valore venale in comune commercio. La ratio dell’orientamento giurisprudenziale ultimo assunto dai Giudici di Legittimità rinviene dalla considerazione che deve ritenersi significativo e pertanto imprescindibile l’accatastamento “cosiddetto reale” poiché  l’accatastamento fittizio in quanto tale è privo di rendita catastale e, pertanto non può fornire la base imponibile necessaria, ai sensi del previgente art. 5 comma 2 del D.lgs.n°504/1992 in vigenza ICI. Il presente articolo prendendo spunto dalla pronuncia in commento focalizza anche alcune criticità in materia di aree fabbricabili.


L’annosa questione sulla soggettività passiva IMU delle Aree Fabbricabili:

La soggettività passiva IMU delle aree fabbricabili è stata da sempre caratterizzata già sotto la vigenza del vecchio D.lgs.n°504/1992  da molteplici incertezze di natura operativa, giustificati  da una normativa non sempre chiara a cui si  è aggiunta la determinazione di una base imponibile ICI/IMU  particolarmente complessa che già in vigenza ICI richiedeva e  tuttora per l’IMU richiede la valutazione di numerosi parametri già previsti dal previgente art. 5, comma 5° del D.lg.°504/1992 .

La normativa di riferimento per quanto riguarda l’IMU è individuabile nella previsione normativa  di cui all’art.13, comma 2 del D.L. n°201/2011 in cui vi è un richiamo espresso al previgente art. 2 comma 1° lett.b) del  D.lgs.n°504/1992 in cui è definita area edificabile quella: “utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero, in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità”.

Dal tenore letterale della norma sopra  richiamata  è possibile configurare quella che tecnicamente viene definita “edificabilità giuridica” (o legale) distinta dalla cosiddetta edificabilità di fatto a cui si fa espresso riferimento nell’ultima parte della norma.

In  particolare, si definisce  edificabilità giuridica o legale  la potenzialità edificatoria di un’area  così come desumibile dagli Strumenti Urbanistici siano essi generali che attuativi (P.R.G.- P.D.F.). Al concetto di edificabilità  così come desunta dalla legislazione urbanistica (giuridica) è possibile affiancare il concetto di edificabilità di fatto derivante  dalla normativa in materia di espropriazione per pubblica utilità. Quest’ultimo assunto è possibile trovarlo anche nell’art. 5 bis del D.L. n°333/1992 convertito con modificazione nella legge n°359/1992 laddove si afferma che per valutazione della edificabilità delle aree si devono considerare le possibilità “effettive” di edificazione esistenti al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio. Pertanto, sono considerate edificabili anche se non ricadenti in un Piano Regolatore quelle aree caratterizzate dalla vicinanza ad altri terreni edificabili oppure quelle aree ubicate in una zona di sviluppo edilizio o dotata di infrastrutture o comunque, adiacenti ad una rete viaria. In tutti i casi, il legislatore allo scopo di fugare qualsiasi dubbio ha comunque previsto che il Comune impositore su espressa richiesta dei contribuenti attesti se un’area sita nel proprio territorio può dirsi fabbricabile in base ai criteri stabiliti dalla normativa di riferimento. Tuttavia, un assunto non facilmente desumibile spesso anche in sede giudiziale è stato quello di verificare se è possibile parlare di “area edificabile” quando la stessa è inserita almeno in un Piano Regolatore Generale (P.R.G.)  e non è ancora interessata però da successivi Piani Attuativi o  Particolareggiati del P.R.G.

Dalla lettura del D.L.n°201/2011 che ha attinto integralmente dal previgente D.lgs.n°504/1992 è possibile evincere come l’edificabilità di un’area è configurabile nel momento stesso in cui l’immobile risulta inserito anche solo in un P.R.G o in un P.d. F o, comunque, in uno Strumento Urbanistico Generale. E’ altresì  evidente che l’inserimento dell’area in uno Strumento Attuativo o Particolareggiato del P.R.G. incide evidentemente sul “quantum” della potenzialità edificatoria,  poichè in termini di fattibilità saranno maggiori le probabilità che quell’area venga destinata ad un utilizzo edificatorio; quindi, avremo riflessi diretti  sulla consistenza del valore venale in comune commercio  utilizzato per la determinazione della base imponibile IMU. La cosiddetta gradualità nella ponderazione della potenzialità edificatoria di un area a cui è strettamente subordinato il valore venale di riferimento è stato confermato dallo stesso Ministero delle finanze già  in concomitanza della Circolare n°209/E del 1997 in occasione dalla quale lo stesso Dicastero ebbe modo di chiarire che l’inserimento di un’area almeno nel P.R.G. è già conditio sufficiente per la configurabilità di una natura edificatoria della stessa.  Quello che varia  è  il cosiddetto  indice di edificabilità dell’area che sarà tanto maggiore quanto maggiori saranno le probabilità che l’area stessa venga destinata ad un utilizzo edificatorio. E’ questo un principio generale confermato negli ultimi anni da ampia giurisprudenza di merito e di legittimità.

 

Il principio disposto dalla Corte di Cassazione nella Sentenza N°11694 del 11 maggio 2017:

In occasione della pronuncia in commento i Giudici di Legittimità hanno stabilito che il classamento di un immobile nella categoria fittizia F/3 che contraddistingue l’unità immobiliare in corso di costruzione non è una condizione sufficiente per poter assoggettare a tassazione IMU il fabbricato. Le ragioni palesate dalla Corte di Cassazione trovano fondamento in considerazione della rilevanza imprescindibile che assume l’accatastamento cosiddetto  “reale”  dell’unità immobiliare al quale non è sovrapponibile in ambito catastale quello cosiddetto fittizio poiché privo quest’ultimo di rendita e pertanto inidoneo a fornire la rendita catastale dell’unità immobiliare che rappresenta il parametro di riferimento principale per la determinazione della base imponibile IMU  che attinge dalla previgente disposizione di cui all’art.5, comma 2 del previgente D.lgs.n°504/1992.

Pertanto, nel caso di unità immobiliare in corso di costruzione qualificati come F/3 l’imposta deve essere calcolata in osservanza a quanto disposto dal previgente art.5, comma 6 del D.lgs.n°504/1992 recepito integralmente dall’ art.13 del D.L. n°201/2011 in vigenza IMU. In particolare, nella previsione normativa di cui al richiamato art.5, comma 6 del D.lgs.n°504/1992 è disposto che:“ in caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’art.31, comma 1 lett.c), d),e) della legge 5 agosto 1978, n°457, la base imponibile è costituita dal valore venale dell’area la quale è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell’art.2 senza considerare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato”.

Ad avviso di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento assunto dai Giudici di Cassazione i quali hanno  considerato imprescindibile e pertanto insostituibile il cosiddetto accatastamento reale a cui del resto  è strettamente subordinata la configurabilità della rendita catastale riconducibile all’unità immobiliare di riferimento dalla quale è possibile desumere la potenzialità reddituale del fabbricato da intendere quale “unità immobiliare iscritta o suscettibile di essere iscritta nel catasto fabbricati con potenzialità reddituale autonoma”. Se vogliamo, nella stessa definizione di fabbricato trova la sua ratio l’orientamento assunto dai Giudici di Legittimità i quali hanno ritenuto insufficiente l’accatastamento fittizio dell’immobile  che, in quanto tale non permette la configurabilità di un valore catastale definito, con grave inevitabile pregiudizio per la determinazione della base imponibile IMU.