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È illegittimo l’avviso di accertamento ICI non sufficientemente motivato.

[tratto da Tributi Locali e Regionali, n°2/2016]

Nel procedimento tributario la motivazione dell’avviso di accertamento assolve ad una pluralità di funzioni, tra cui vi è quella di garanzia del diritto di difesa del contribuente. Tale funzione è assolta di certo delimitando l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nella successiva fase processuale contenziosa, ma, anche consentendo l’esplicazione di una corretta dialettica processuale. Di talchè, presuppone la salvaguardia anche dell’onere del contribuente di enunciare motivi di ricorso specifici a pena d’inammissibilità, mercè leggibili argomentazioni contrapposte a quelle fondanti la pretesa impositiva. Tanto rilevato in sede di principio deve considerarsi illegittimo un avviso di accertamento che richiama altri documenti non precisati né tanto meno allegati all’atto impositivo. E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione  Civile – Sez. V  in occasione della sentenza n°6636 del  06/04/2016.

Il presente articolo, prendendo spunto dalla pronuncia sopra richiamata focalizza alcuni principi normativi fondamentali in chiave motivazionale a cui è strettamente subordinata la legittimità stessa dell’atto impositivo emesso e notificato dall’ente impositore, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa impositiva in questione.

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Il caso:

Il Collegio tributario di appello accogliendo le ragioni palesate dal contribuente relativamente ad una questione ICI disponeva la nullità dell’avviso di accertamento emesso e notificato dal Comune impositore, atteso che non era stato allegato l’atto presupposto  da cui era possibile evincere per tabulas la variazione di destinazione d’uso dell’immobile; circostanza, dalla quale l’ente impositore aveva fatto  scaturire la pretesa impositiva ICI. L’atto presupposto era costituito nel caso di specie da una denuncia TARSU presentata dal conduttore dell’immobile, soggetto terzo rispetto alla controversia di cui si tratta. Avverso la sentenza di appello il Comune impositore presentava ricorso per cassazione ritenendo meritevole di censura il giudicato di seconde cure, considerando configurabile nel caso di specie  la violazione e/o falsa applicazione della L.n°212/2000, art.7 comma 1 bis in relazione alla L.n°241/1990, art.3 nonché del D.lgs.n°504/1992, art.11 bis.

In particolare, nel caso de quo l’avviso di accertamento ICI era stato emesso in considerazione di una variazione immobiliare dovuta ad un accorpamento di due o più unità immobiliari, non denunciata in catasto, implicando ciò l’inattendibilità della base imponibile ai fini ICI (ex art.5, comma 4 del D.lgs.n°504/1992) rispetto alla effettiva consistenza del fabbricato. Tanto rilevato in sede di accertamento, il Comune impositore ricorrente in sede di legittimità riteneva  che in nessun caso, si sarebbe dovuto allegare all’atto impositivo la denuncia TARSU riferita al conduttore dell’immobile avendo la stessa semplicemente una valenza probatoria, finalizzata a giustificare la fondatezza della pretesa impositiva ICI.

Fondamentalmente,  il presupposto principale da cui è scaturita la pretesa impositiva ICI  del comune è riconducibile ad una situazione immobiliare di fatto non corrispondente alle risultanze catastali.

In particolare, era stata dedotta l’esistenza di un’unica unità immobiliare destinata ad abitazione, a fronte dell’essere state censite in catasto tre distinte unità immobiliari, con conseguente difformità della rendita catastale; parametro principale, quest’ultimo per la determinazione della base imponibile ICI, ai sensi di quanto disposto dall’art.5, comma 4 del D.lgs.n°504/1992.

Si costituiva innanzi alla Suprema Corte di Cassazione il contribuente il quale replicava formalmente  con rituale controricorso e proponendo contestualmente due motivi di ricorso incidentale.

In particolare, i motivi di censura della parte resistente facevano riferimento alla violazione e/o falsa applicazione di norma di legge; in particolare, nel caso di specie, veniva considerato violato il principio normativo disposto dall’art.7, comma 1 della L.n°212/2000 relativamente all’obbligo della motivazione degli atti impositivi, imprescindibile al fine di assicurare sempre e comunque l’esercizio del diritto di difesa.

 

La SENTENZA N°6636 del 06/04/2016  della Corte di Cassazione  

La Suprema Corte di Cassazione ha più volte precisato (Cass. Sez. V, Sen.22003/2014) che nel procedimento tributario  la motivazione dell’avviso di accertamento assolve contestualmente ad una pluralità di funzioni, tra queste, vi è senza dubbio quella di assicurare sempre e comunque l’esercizio del diritto di difesa  del contribuente, diritto costituzionalmente tutelato e da cui non è possibile prescindere.

Tano rilevato in linea di principio,  i Giudici di Legittimità hanno disposto nella pronuncia in commento (Cass. civ. Sez. V,06/04/2016, n°6636) tale funzione può dirsi sicuramente assolta nel momento in cui l’ufficio impositore  delimita chiaramente le ragioni deducibili in sede contenziosa, non esclusa la possibilità di assicurare comunque una corretta dialettica processuale al contribuente in qualità di  destinatario della pretesa impositiva contenuta nell’avviso di accertamento opposto. Tutto ciò, anche in osservanza al principio costituzionale di buona amministrazione che impone necessariamente all’ente impositore l’onere di espletare un’azione amministrativa efficiente e congrua rispetto alle finalità della legge, capace di mettere il soggetto passivo d’imposta nelle condizioni di capire le ragioni che hanno legittimato l’emissione dell’atto impositivo a suo carico.

Tutto questo, non può dirsi assolto nel momento in cui l’ente impositore, esternando la propria pretesa impositiva la subordina essenzialmente ad una condizione di fatto, di cui omette in sede di allegazione le fronti documentali che in qualche modo possono giustificarne l’esistenza.

Pertanto, con riferimento al caso di specie, gli Ermellini  hanno ritenuto meritevole di accoglimento le ragioni addotte dal ricorrente nel proprio atto di parte, ritenendo che è vero si che la denuncia presentata dal conduttore dell’immobile ai fini TARSU non doveva essere allegata all’avviso di accertamento ICI, tuttavia, ciò non ha  escluso che la motivazione dell’atto impositivo de quo, nella sua evidente ermeticità si sia dimostrato derogatorio rispetto all’onere di cui all’art.7, comma 1  della L.n°212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), avendo il comune impositore richiamato genericamente “atti”, in possesso dell’Amministrazione  comunale, senza alcuna specificazione che potesse permettere l’individuazione in concreto del contenuto degli atti a cui l’ente stesso a subordinato la configurabilità della conditio dalla quale il comune impositore ha desunto la legittimità dell’avviso di accertamento ICI e messo e notificato al contribuente con riferimento all’immobile sopra richiamato.

In altre parole, i Giudici di Legittimità hanno rilevato la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento ICI opposto, accogliendo così la tesi del ricorrente, in considerazione del fatto che il documento in questione non rappresentava un atto soggetto ad allegazione a pena di nullità dell’atto stesso, in quanto non era stato fatto espresso rinvio nel provvedimento impositivo. In particolare, nel caso di specie, la motivazione era stata esternata attraverso un mero richiamo che in quanto tale, non era certo sufficiente ad assicurare validamente l’esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto destinatario della pretesa impositiva ICI, poiché privo degli elementi identificativi dell’immobile in considerazione del quale era stata richiesta al contribuente il pagamento dell’imposta, Né l’avviso di accertamento ICI riportava in se il contenuto integrale dell’atto richiamato, pregiudicando tale omissione del comune, l’esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

Facendo seguito all’udienza di trattazione in concomitanza della quale ciascuna delle parti ha ribadito le ragioni palesate nei rispettivi atti di parte, gli Ermellini rigettavano il ricorso principale, ritenevano assorbito quello incidentale, condannando la parte ricorrente alla refusione delle spese processuali liquidate in euro 1.000,00 (mille) per compensi oltre accessori e rimborso forfettario nella percentuale di legge.

Conclusioni:

La pronuncia in commento è degna di nota, ad avviso di chi scrive, poiché in essa i Giudici di legittimità hanno subordinato la legittimità dell’atto impositivo all’osservanza del principio normativo di cui all’art.7 comma 1 della L.n°212/2000.

In particolare,  l’onere di allegazione posto a   carico dell’Amministrazione  finanziaria dal più  volte richiamato art. 7 legge 212/2000 dell’altro atto richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento si riferisce evidentemente agli atti che rappresentano la motivazione della pretesa tributaria che deve essere esplicitata nell’avviso di accertamento e non certo agli atti di carattere normativo o regolamentare; ovvero, gli atti generali come le delibere del consiglio comunale che legittimano il potere impositivo, e che sono comunque soggette a pubblicità legale, e che sono quindi oggetto di conoscenza “legale” da parte del contribuente. Sulla questione si è espressa la stessa Corte di Cassazione in molteplici pronunce.

In tema di accertamento tributario motivato per relationem volendo richiamare la normativa vigente prima della entrata in vigore dell’art. 7 legge 212/2000, si evince chiaramente come la legittimità dell’avviso di accertamento richiedeva (solo) la conoscenza o meglio la conoscibilità dell’atto da parte del contribuente, ove si trattasse di atto extratestuale. Successivamente, solo col regime introdotto dalla norma sopra richiamata (art.7 della L.n°212/2000) l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere ottemperato anche per relationem; ovverosia, mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato, ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale.

Pertanto,   per esempio, deve essere considerato  illegittimo l’avviso di accertamento ICI a cui non siano state allegate le delibere di determinazione dei valori delle aree edificabili.  All’avviso di accertamento dell’ICI non è necessario allegare la delibera comunale di fissazione delle aliquote atto a contenuto normativo (sia pure secondario);quindi legalmente noto per effetto della pubblicazione sull’Albo pretorio  del comune impositore. L’obbligo della motivazione fondamentalmente è finalizzato  a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa ed altresì a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa, con la conseguenza che, al fine indicato è necessario e sufficiente che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato determinato il maggior valore salvo poi restando in sede contenziosa, l’onere dell’ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato, e la facoltà del contribuente, di dimostrare l’infondatezza della pretesa tributaria. L’obbligo di motivazione degli atti tributari si atteggia diversamente a seconda della natura e della funzione che gli stessi hanno in base alla specifica disciplina loro propria.

Quando si sia accertata l’assoluta mancanza di prova della pretesa tributaria l’atto impositivo ancorché non nullo ab origine per illegittimità formale,viene in ogni caso a cadere per la sua infondatezza nel merito subordinata nel caso di specie alla mancata osservanza  da parte dell’Amministrazione creditrice dell’onere probatorio su di essa gravante ex art.2697 c.c.

Al di là dei principi normativi sopra evidenziati, possiamo dire che è sufficientemente nonchè autonomamente motivato l’atto amministrativo d’imposizione tributaria che inserendo nella sua giustificazione la menzione di atti procedimentali propri della fase istruttoria, lo stesso sia poi dotato di una motivazione “strutturalmente indipendente” dagli atti menzionati nella sua parte motiva.

Per  esempio, negli accertamenti tributari  catastali  riconducibili al classamento di unità immobiliari emessi dall’Agenzia del territorio  il riferimento alla stima di un immobile operata dall’U.T.E.  costituisce sicuramente  un elemento sufficiente ad integrare il requisito motivazionale ai fini della validità dell’ avviso di accertamento stesso. Tuttavia, in caso di impugnazione dell’avviso da parte del contribuente il giudice è tenuto a verificare esplicitando poi le ragioni del suo convincimento, se la predetta stima risulti o meno idonea  o meglio congrua al fine di  superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi dall’Ufficio.

Con riferimento al caso di specie, i Giudici di Cassazione confermando il giudicato depositato in sede di gravame hanno ritenuto infondata la tesi difensiva del Comune impositore, in considerazione del fatto che la mancata allegazione all’atto principale fosse una denuncia depositata dal conduttore dell’immobile ai fini TARSU.

Pertanto, tale documento non poteva costituire un atto  cui era necessaria l’allegazione a pena di nullità (dell’atto principale) stesso in quanto  non risultava alcun rinvio allo stesso nell’avviso di accertamento ICI.

Nel caso di specie, la motivazione indicata dall’ente impositore si limitava ad un mero richiamo impedendo però l’espletamento di una adeguata difesa da parte del contribuente, in quanto  privo degli elementi identificativi necessari per individuare l’immobile accertato; né era stato riportato nell’avviso di accertamento ICI il contenuto dell’atto richiamato.

Tali motivazioni riconducibili all’aspetto formale dell’atto impositivo hanno portato gli Ermellini a ritenere insuperabile nel caso di specie la lacuna motivazionale da cui è risultato affetto l’avviso di accertamento ICI opposto, con conseguente illegittimità dell’atto stesso; illegittimità che i Giudici di Legittimità hanno ribadito nel caso de quo, prescindendo da qualsiasi valutazione relativa alla fondatezza ( o meno ) della pretesa impositiva riconducibile al tributo che nel caso de quo non è assolutamente in discussione, a dimostrazione di quanto l’aspetto formale-cartolare  possa essere  rilevante ai fini della legittimità dell’atto impositivo, non meno della fondatezza della pretesa impositiva.

Avv. Giuseppe DURANTE

Tributarista – Esperto di Fiscalità Locale e Contenzioso Tributario – Componente del Comitato Scientifico Nazionale dell’A.N.C.R.E.L. – Pubblicista