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In caso di contestazione del contribuente, incombe sul concessionario della riscossione l’onore di provare in giudizio la regolare notifica della cartella di pagamento

 

Grava sul concessionario della riscossione l’onere di provare la regolare notificazione della cartella di pagamento posta a base della iscrizione di ipoteca contestata. In particolare, spetta al concessionario convenuto produrre in giudizio la relata di notificazione della cartella di pagamento; ovvero, dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale essendo preclusa in sede probatoria la possibilità da parte dello stesso concessionario della riscossione di ricorrere a documenti equipollenti quali, ad esempio registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale. In assenza di tale documentazione specifica non potrà dirsi validamente assolto l’onere probatorio da parte del concessionario della riscossione ex art.2697 c.c. pregiudicando ciò la legittimità del provvedimento cautelare emesso ex post. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione – Sez, Civ. V 08/04/2016, sen. N°6887 in concomitanza della quale i Giudici di Palazzaccio hanno evidenziato un importante principio sull’onere probatorio incombente sul concessionario procedente in sede di esecuzione forzata, non avendo alcuna valenza limitativa di tali obbligo, la previsione normativa disposta nell’ultima parte dell’art.26 comma 5 del DPR n°602/73 di conservazione della documentazione attestante le relate di notificazione per  i cinque anni successivi. Per imprescindibili esigenze processuali, gli Ermellini hanno disposto espressamente che, spetta all’Agente della riscossione assolvere l’onere probatorio in caso di contestazione del contribuente, anche oltre i cinque anni canonici richiamati dall’art.26 del DPR n°602/73.

Il presente articolo prendendo spunto dalla pronuncia di cui sopra, analizza gli aspetti più rilevanti  relativi all’onere della prova ex art.2697 c.c. da assolvere  imprescindibilmente in sede giudiziale, non solo in termini di principio ma anche in ordine alla idoneità  o meno della documentazione utilizzabile dalla parte in sede giudiziale per ritenere validamente  assolto tale onere.

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Il caso:

A seguito della notifica di una richiesta di  iscrizione ipotecaria effettuata dal concessionario della riscossione ex art.77 del DPR n°602/73 una società si opponeva al provvedimento cautelare in questione eccependo nella circostanza la mancata notifica della cartella di pagamento emessa dall’agente della riscossione, a seguito di iscrizione a ruolo quale atto presupposto a cui era evidentemente subordinata la legittimità del provvedimento cautelare  notificato da ultimo in sede cautelare.

Si costituiva in giudizio  parte convenuta  che in sede giudiziale difendeva il proprio operato evidenziando la legittimità dell’ipoteca immobiliare opposta, ritenendo il concessionario della riscossione procedente  di avere regolarmente notificato la cartella di pagamento quale atto presupposto avendone dato valida prova; nella circostanza, parte resistente depositava  nel giudizio di gravame  una semplice attestazione rilasciata dall’ufficio postale ritenendo il concessionario di avere così validamente assolto in sede giudiziale all’inversione dell’onere della prova  incombente su di esso ex art.2697 cc.

Facendo seguito all’udienza di trattazione della questione in oggetto il Collegio tributario adito in sede di gravame rigettava la tesi difensiva dell’appellante ritenendo nel caso de qua assolto da parte del concessionario l’onere probatorio di cui all’art.2697 c.c. in ordine all’avvenuta notificazione della cartella esattoriale quale atto presupposto da cui rinveniva la legittimità del provvedimento cautelare da ultimo opposto. La società appellante riteneva la sentenza di appello meritevole di censura in sede di legittimità, inoltrando nei termini di legge ricorso per cassazione ex art.360 c.p.c.

 

 

Il principio generale disposto dall’art.2697 c.c. sull’onere probatorio incombente sulle parti in giudizio:

Per meglio comprendere i termini della questione di cui si tratta,  preliminarmente rileva richiamare la previsione normativa di cui all’art.2697 c.c. più volte richiamata in cui è espressamente disposto  l’onere della prova incombente sulle  parti che vogliono fare valere un diritto in sede giudiziale.

In particolare, la previsione normativa di cui sopra, al comma 1 dispone testualmente:“Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento . Il  successivo comma 2  dispone letteralmente:Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su  cui l’eccezione si fonda” .

Si tratta di un principio particolarmente rilevante che le parti devono necessariamente osservare  anche e soprattutto in sede giudiziale. In particolare, la casistica in esame riguarda nello specifico l’inversione dell’onere dalla prova incombente sulla parte resistente in tutti i casi in cui la parte ricorrente eccepisce   la mancata notifica o anche l’irregolare notificazione di un avviso di accertamento o di una cartella di pagamento quale atto presupposto a cui è inevitabilmente subordinata la legittimità degli atti  esecutivi successivi, notificati dal concessionario della riscossione procedente e opposti da ultimo dalla parte ricorrente.

In particolare, nella casistica in esame, ad avviso di chi scrive,  la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione rileva per una duplice valenza:

  1. In primis, conferma, ove ce ne fosse stato bisogno che in tutti i casi in cui parte ricorrente in sede giudiziale mette in discussione l’esistenza di una notificazione o anche  la regolarità stessa della notifica di un atto avente valenza di atto presupposto, ciò implica inevitabilmente l’inversione dell’onere dalla prova a  carico del soggetto notificante ex art.2697 comma  2 c,c;
  2. in secundis, la necessità di dovere assolvere a tale onere probatorio inverso previo utilizzo di una documentazione idonea capace di suffragare giuridicamente il fatto che una cartella di pagamento o un avviso di accertamento siano stati realmente notificati e che la notificazione dell’atto sia avevnuta in conformità a quanto previsto ex lege.

Si tratta, pertanto, di un principio giurisprudenziale sancito dai Giudici di Palazzaccio nella pronuncia in commento  che rileva ad avviso di chi scrive  per una duplice valenza. Inversione dell’onere della prova a carico della parte resistente; modalità specifiche ma soprattutto il tipologia di  documentazione da esibire in sede giudiziale per ritenere validamente  assolto tale onere probatorio.

 

Il principio  generale disposto dalla Suprema Corte di Cassazione nella Sentenza N°6887 del 08/04/2016:

Sulla questione in esame risulta particolarmente rilevante il principio giurisprudenziale ultimo disposto   dalla Suprema Corte di Cassazione – Sez, Civ. V 08/04/2016, sen. N°6887 sopra richiamata.

In particolare, i Giudici di Palazzaccio in concomitanza della pronuncia in commento hanno  espressamente evidenziato l’onere probatorio incombente sul concessionario della riscossione procedente in sede di esecuzione forzata.

Nello specifico, facendo seguito alla notifica di un provvedimento cautelare quale può essere un richiesta  di iscrizione  ipotecaria effettuata  ex art.77 DPR n°602/73,  grava sul concessionario della riscossione procedente l’obbligo di provare l’avvenuta preventiva e regolare notifica della cartella di pagamento quale atto presupposto da cui rinviene la legittimità del provvedimento cautelare stesso.

Tale onere deve essere assolto mediante la produzione in giudizio della relata di notificazione; ovvero, dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, essendo pertanto preclusa al concessionario procedente la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti quali per esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni d’ufficio postale.

Ne deriva che, in assenza di tale specifica documentazione (idonea) non può dirsi validamente assolto l’onere probatorio incombente  ex art. 2697 c.c. sul concessionario della riscossione convenuto.

Né, nella casistica in esame, il concessionario della riscossione può fondatamente avvalersi a suo favore  della previsione normativa di cui all’art.26 del DPR n°602/73, per cui l’agente della riscossione deve conservare per cinque anni la matrice o la copia  della cartella di pagamento con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, avendo obbligo di esibirle in giudizio su richiesta del Giudice tributario adito.

In altre parole, la Suprema Corte di Cassazione nella pronuncia in esame oltre a confermare espressamente, ove ce ne fosse stato bisogno la vigenza della inversione dell’onere della prova in capo al concessionario della riscossione convenuto, nei confronti del quale viene eccepita la mancata o irregolare notificazione di un atto presupposto quale può essere un avviso di accertamento o una cartella di pagamento, evidenzia anche un altro principio rilevante; ossia, il fatto che la previsione normativa di cui al richiamato art.26 del DPR n°602/73, non esclude che per esigenze  strettamente connaturate al contenzioso giurisdizionale devono trovare pieno e continuativo vigore, se necessario, anche oltre i cinque anni indicati dall’art.26 DPR n°602/73, le disposizioni generali relative al soddisfacimento dell’onere della prova di cui al più volte richiamato art.2697 c.c.

In altre parole, i Giudici di Palazzaccio hanno chiarito  espressamente  che il Concessionario della riscossione è comunque obbligato indipendentemente dall’obbligo temporale (un quinquennio) di cui al richiamato art.26 DPR 602/73 di conservazione della relazione attestante la notificazione della cartella di pagamento, non solo a fornire la prova contraria circa l’avvenuta regolare notificazione dell’atto presupposto; ma, deve trattarsi altresì di documentazione assolutamente  idonea per il raggiungimento di tale fine in sede giudiziale.

Ad avviso di chi scrive, non solo può risultare inidonea l’esibizione in giudizio di registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o, comunque di altra documentazione non specifica che nulla centra con la relazione di notificazione dell’atto presupposto; ma, potrebbe risultare addirittura inidonea anche l’esibizione  in giudizio della semplice copia avente ad oggetto la relata di notificazione della cartella di pagamento o dell’avviso di accertamento in sostituzione della copia conforme all’originale attestata espressamente dal soggetto che ha effettuato materialmente la notifica nella veste di pubblico ufficiale.

A dimostrazione che l’onere probatorio incombente sulle parti in giudizio così come rinveniente dal più volte richiamato art.2697  comma 1 e comma 2  c.c. necessita di una applicazione particolarmente rigorosa da cui non è possibile prescindere anche e soprattutto in sede giudiziale.

Se vogliamo l’orientamento assunto da ultimo dalla Suprema Corte di Cassazione in concomitanza della sentenza n°6887 del 08/04/2016  va proprio verso questa direzione.

 

Avv. Giuseppe DURANTE

Docente a contratto in materia di Diritto Tributario presso l’Università  LUM “Jeann Monnet” – Avvocato Tributarista – Esperto di Fiscalità Locale e Contenzioso Tributario – Pubblicista.