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È nullo l’avviso di accertamento TARI che non indica gli identificativi catastali dell’immobile occupato

E’ nullo l’avviso di accertamento TARSU/TARI  emesso e notificato dal Comune impositore se non riporta neppure i dati catastali degli immobili sottoposti a tassazione nonché i dati relativi alle superfici per le quali è richiesto il pagamento del tributo. E’ quanto ha disposto la Commissione Tributaria Provinciale di Bari in concomitanza della Sentenza N°1424 depositata dai Giudici baresi in data 05/06/2018. Si tratta di un principio giurisprudenziale che ha recepito in toto il difetto di motivazione dell’atto impositivo opposto in via preliminare dal ricorrente, non avendo l’ente impositore indicato in atti ne anche gli identificativi catastali necessari per l’individuazione dell’immobile occupato. I giudici tributari pugliesi hanno ritenuto fondata l’eccezione preliminare sollevata dal ricorrente relativa all’aspetto motivazionale. Ossia, la mancata indicazione degli identificativi catastali (foglio, particella, numero e sub, rendita catastale) preclude inevitabilmente la possibilità di individuazione dell’immobile occupato, con inevitabile pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa del contribuente costituzionalmente garantito.


 

-Il caso:

Facendo seguito alla notifica di un avviso di accertamento TARSU – anno 2010 parte ricorrente proponeva rituale ricorso introduttivo, eccependo in via preliminare  la nullità dell’opposto avviso di accertamento per difetto di motivazione in violazione del disposto normativo di cui all’articolo 1, comma 162, della Legge 27 dicembre 2006, n°296 (Legge Finanziaria 2007).La doglianza preliminare atteneva all’aspetto formale dell’atto impositivo opposto; relativamente al merito, veniva altresì eccepita la non debenza del tributo poiché la società ricorrente provvedeva ex se allo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali tramite una società di servizio addetta alla raccolta, smaltimento e riciclo dei rifiuti differenziati e indifferenziati. Il Comune impositore risultava contumace nel giudizio di prime cure.  Il Collegio tributario adito, facendo seguito all’udienza di trattazione, accoglieva il ricorso ritenendo fondata la doglianza preliminare così come  sollevata dalla parte ricorrente e  riferita al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento opposto. Il Collegio tributario riteneva tale doglianza assorbente anche la questione di merito disponendo la nullità dell’atto opposto.

 

-Il principio espresso dalla  CTP di Bari nella Sentenza N°1424 depositata il 05/06/2018:

Ad avviso di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento assunto dal Collegio tributario di prime cure nella pronuncia in commento. In particolare, la normativa richiamata dalla società ricorrente nel proprio atto di parte ossia il  comma 162 dell’art.1 della L. n°296/2006  indica i requisiti minimi che gli avvisi di accertamento di tributi locali devono possedere e, in particolare, sancisce expressis verbis al primo periodo che «Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.».

Pertanto, detta norma – nel riprendere sostanzialmente quanto già sancito dall’art.7 della Legge 27 luglio 2000, n°212 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) in materia di motivazione dei provvedimenti amministrativi tributari, nonché quanto prima ancora sancito dall’art.3 della Legge 7 agosto 1990, n°241 in materia di motivazione dei provvedimenti amministrativi in generale – obbliga le amministrazioni locali a motivare gli avvisi di accertamento emessi per il recupero dei tributi di spettanza, in particolare indicando i presupposti di fatto e le ragioni di diritto a fondamento della propria pretesa nei confronti del contribuente; inoltre, obbliga le amministrazioni locali ad allegare agli avvisi di accertamento l’atto eventualmente richiamato nella motivazione. La mancanza di uno dei requisiti individuati dal comma 162 dell’art.1 della L. n°296/2006  traducendosi in una compressione del diritto difesa come previsto e tutelato dall’articolo 24 della Costituzione, comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento, ovvero la nullità dello stesso.

A tal proposito, rileva  richiamare, ad avviso di chi scrive un recente orientamento palesato dalla Sezione tributaria della Cassazione ove è stata evidenziata la funzione precipua della motivazione dei provvedimenti impositivi: «L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.»[1].

Quanto al contenuto della motivazione del provvedimento impositivo la Suprema Corte ha osservato che «La motivazione di un atto dell’amministrazione finanziaria, non deve essere riconducibile ad una mera provocatio ad opponendum, ma contenere gli elementi sostanziali atti a consentire il controllo interno e giurisdizionale diretto a verificare la correttezza dell’operato dell’amministrazione.»[2].

Del resto, è orientamento ormai tetragono quello della Cassazione nel ritenere necessario che l’avviso di accertamento enunci i criteri sulla cui base è stato determinato il dovuto[3].

Con riferimento al caso di specie, il Comune impositore si è semplicemente limitato a motivare l’avviso di accertamento  TARSU  con la fredda e scarna affermazione che segue: «La liquidazione del tributo dovuto per l’anno 2010, con le evidenze di seguito riportate, redatte per descrivere l’iter logico-giuridico applicato»[4]; dopodiché ha ritenuto inverosimilmente di dover motivare l’atto de quo riportando un prospetto recante una serie di numeri di difficile interpretazione, omettendo anche l’indicazione degli identificativi catastali (foglio, particella, nume e sub) assolutamente imprescindibili per l’individuazione dell’immobile occupato.

Alla luce di tali considerazioni, il Collegio tributario di prime cure ha ritenuto fondata l’eccezione preliminare opposta dalla SRL ricorrente, annullando in toto l’atto impositivo  TARSU opposto e ritenendo nel caso de quo superfluo l’esame del merito.

 

[1] Cfr.: Cass. civ., Sez.V, sent. n°21564 del 20/09/2013.

[2] Cfr.: Cass. civ., Sez.V, sent. n°20251 del 09/10/2015.

[3] Cfr., ex aliis: Cass. 13464/2012; in generale: Cass. 1150/2008, 21515/2005, 11997/2003, 17762/2002, 121367/2001, 793/2000.

[4] Cfr.: avviso di accertamento impugnato, pag.1, sotto la parola centrata «ACCERTA».