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È ipotecabile il fondo patrimoniale costituito venti anni prima dell’insorgere del debito

In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui all’art.77 D.P.R. 29 settembre 1973, n°602[1] è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art.170 c.c. nel caso in cui l’obbligazione tributaria sorta è comunque riconducibile all’esigenza di soddisfare i bisogni della famiglia o comunque, se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali necessità. Ne deriva che nel caso di specie è del tutto irrilevante la circostanza che il fondo sia stato costituito molto tempo prima rispetto alla nascita del debito per cui si procede. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione con l’Ordinanza n°8881 depositata il 11/04/2018  in cui i Giudici di Legittimità hanno fatto salva la possibilità da parte dell’Agente della riscossione di intaccare anche fondi patrimoniali costituiti ex ante rispetto all’insorgere del debito  per cui si procede. Si tratta di un principio giurisprudenziale già palesato dai Giudici di Legittimità in altre pronunce[2]. Nel caso di specie, il  fondo patrimoniale ipotecato era stato costituito dal debitore  ben venti anni prima rispetto alla nascita del debito. Si tratta di una pronuncia non di poco conto, considerando che non mancherà di avere riflessi concreti anche su quelle situazioni patrimoniali pregresse non più  “tutelabili” in caso di debiti sopravvenuti.


 

Il Caso:

La questione di cui si tratta rinviene nel caso de qua da una pronuncia della C.T.R. dell’Emilia Romagna in cui i Giudici tributari emiliani richiamando la preventiva opposizione ad un’iscrizione ipotecaria notificata dall’Agente della riscossione, pur ammettendo la possibilità di attivare la ganascia fiscale in questione anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale famigliare, ne hanno tuttavia escluso la legittimità,  trattandosi di un fondo patrimoniale costituito ex ante rispetto all’insorgere del debito; in particolare, nel caso di specie, si trattava di un fondo patrimoniale costituito dal debitore già nel 1992 quindi, venti anni prima rispetto all’insorgere del debito.

In altre parole, i Giudici tributari di appello hanno palesato l’illegittimità dell’ipoteca costituita dall’agente della riscossione procedente per il solo fatto di avere, l’Agente della riscossione incaricato, intaccato beni immobili facenti parte di un fondo patrimoniale costituito molto tempo prima rispetto all’insorgere del debito.

Avverso la decisione della C.T.R. ha proposto ricorso per Cassazione l’Agente della riscossione, sollevando in punto di legittimità tre motivi di doglianza.

In particolare, con il primo, il secondo ed il terzo motivo ex art.360 cp.c comma 1 nn.3-4 l’Agente della riscossione ricorrente denunciava la violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative nonché il vizio motivazionale radicale, in quanto la CTR adita in sede di gravame pur ammettendo l’astratta ascrivibilità dell’ipoteca per crediti tributari pregressi su beni costituiti in un fondo patrimoniale, tuttavia, ne ha escluso la legittimità poiché,  nel caso di specie il fondo intaccato risultava costituito dal debitore già nel lontano nel 1992.

 

-Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza N°8881 depositata il 11/04/2018:

L’orientamento palesato dai Giudici di Palazzaccio nell’Ordinanza in commento ha censurato la tesi dei Giudici tributari di appello i quali pur ammettendo l’iscrivibilità dell’ipoteca fiscale sui beni costituiti in un fondo patrimoniale ex art.167 c.c.[3] e seguenti, tuttavia, ne ha escluso la legittimità trattandosi nel caso di specie di un fondo patrimoniale pregresso rispetto al debito sopravvenuto senza, peraltro, ne anche esplicare le ragioni specifiche di tale suo convincimento.

In altre parole, secondo l’orientamento assunto dalla Suprema Corte di Cassazione i beni rientranti in un fondo patrimoniale possono comunque essere oggetto di una esecuzione coattiva da parte dell’Agente della riscossione previa attivazione della ganascia fiscale ex art.77 del DPR n°602/1973 ove la sottesa obbligazione tributaria sia sorta per soddisfare esigenze e bisogni riconducibili all’alveo familiare oppure nel caso in cui il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali specifiche esigenze parentali. Tale strumentalità rende superflua la natura pregressa del fondo; vale a dire, il fatto che il fondo patrimoniale sia stato di fatto costituito ex ante rispetto alla data di maturazione del debito per cui si procede.

 

Considerazioni conclusive:

Ad avviso di chi scrive, il giudicato di seconde cure espresso dalla C.T.R. Emilia Romagna  in primis  è censurabile poiché fondato su una motivazione apparente con conseguente nullità della sentenza stessa poiché evidentemente affetta da “error in procedendo” poichè per quanto graficamente percepibile, non rende tuttavia evidente il fondamento della decisione[4].

In tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura specifica dell’obbligazione bensì nella relazione tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia; sicchè, anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per il soddisfo di tale finalità familiare, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito rinviene dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi invece accertare che l’obbligazione tributaria da cui è scaturito il debito sia sorto per il soddisfacimento dei bisogni familiari nel cui ambito devono essere escluse le esigenze finalizzate al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia.

I motivi di censura palesati dai Giudici di Legittimità rispetto al giudicato di seconde cure rinvengono  nel caso de quo dall’applicazione della previsione normativa di cui all’art.170 c.c.[5] ritenendo i Giudici di Palazzaccio  che in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria è ammissibile anche sui beni facenti  parte di un fondo patrimoniale alle condizioni tassativamente disposte dal richiamato art.170 c.c.

Per cui, può dirsi legittima solo se l’obbligazione tributaria risulti strumentale rispetto ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito per cui si procede non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni familiari.

Grava, altresì sul debitore che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti nel fondo patrimoniale l’onere di provare l’estraneità del debito rispetto alle ridette esigenze familiari nonché alla consapevolezza del creditore procedente.

In altre parole, secondo la Suprema Corte di cassazione appaiono chiari i principi di diritto espressi dal più volte richiamato art.170 c.c. a cui è strettamente subordinata la legittimità della ganascia fiscale attivabile dall’agente di riscossione in sede di riscossione coattiva. Spetta poi al debitore l’onere della prova contraria.

Pertanto, come già segnalato la sentenza della C.T.R. Emilia Romagna appare errata in diritto poiché in evidente contrasto con i precedenti arresti giurisprudenziali espressi dalla stessa Corte di Cassazione ed in particolare, perché non ha in alcun modo affrontato la questione dell’estraneità ai bisogni della famiglia dei debiti tributari titolanti l’iscrizione ipotecaria de qua, né quella della conoscenza di tale circostanza da parte dell’Agente della riscossione procedente né tanto meno, dell’assolvimento del richiamato onere probatorio in tal senso gravante sul debitore ipotecato.

Ad avviso di chi scrive sono molteplici e tutti condivisibili i motivi di censura che nel caso di specie hanno portato i Giudici di Palazzaccio a cassare la sentenza di cui sopra rinviandola nuovamente alla CTR Emilia Romagna in diversa composizione per ivi provvedere all’applicazione della previsione normativa di cui al più volte richiamato art.170 c.c.

Si tratta di un’Ordinanza che non mancherà di avere riflessi concreti poiché ha posto le basi giurisprudenziali per rendere attaccabili anche fondi patrimoniali costituiti ben prima dell’insorgere del debito. Tutto ciò , non potrà che alimentare ansia e incertezza anche in chi fino a ieri poteva dirsi sicuro almeno con riferimento ai fondi patrimoniali costituiti ex ante rispetto a eventuali e sopravvenute pretese del fisco.

[1] Il citato art.77 del D.P.R. n°602/1977, intitolato «Iscrizione di ipoteca», prevede al primo comma che «Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1 [ovvero sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento], il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede».

[2] Cfr. Cass. civ., Sez.V, sent. n°22761 del 09/11/2016.

[3] L’art.167 c.c., sotto la rubrica «Costituzione del fondo patrimoniale», prevede che «Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l’accettazione dei coniugi. L’accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore. La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio. I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo».

[4] Cfr. Cass. civ., SS.UU., sent. n°22232 del 03/11/2016.

[5] Secondo la previsione normativa di cui all’art.170 c.c. citato «L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».