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I Fabbricati “collabenti” secondo il MEF non scontano il pagamento dell’IMU ma resta il rischio contenzioso con i Comuni

È ancora acceso il contenzioso IMU tra contribuenti e Comuni impositori riferito agli immobili definiti “collabenti”. E’ ancora aperta la disputa sub judice nonostante il chiarimento espresso arrivato dal Ministero dell’economia e delle finanze con la Risoluzione N°4/DF/2023 in occasione della quale il Dicastero, ha disposto a chiari lettere la non debenza IMU per gli immobili “collabenti”. Non sembrano essere dello stesso parare i Comuni impositori i quali ritengono tassabile questa categoria di immobili, se non come fabbricati (poiché privi di rendita catastale) bensì come aree fabbricabili. Ma, vediamo più da vicino i termini della questione che riguardano migliaia di contribuenti interessati da questa tipologia di immobili

 

I termini della questione IMU riferita agli immobili “collabenti”

Vengono definiti fabbricati “collabenti” gli immobili interessati da un evidente stato di degrado e fatiscenza che preclude la capacità dell’immobile stesso di produrre reddito. Si tratta in sostanza di immobili iscritti in catasto ai fini della identificazione nella categoria F/2 ma senza attribuzione di rendita catastale. Si tratta generalmente di fabbricati che hanno una scarsa rilevanza cartografica o censuaria trattandosi di immobili inagibili privi di elementi strutturali e impiantistici. Il trattamento fiscale di questa categoria di immobili è stato più volte inquadrato dalla stessa Corte di Cassazione in diverse pronunce (Cass.Ord.3913 del 16/02/2025); secondo i giudici della Suprema Corte gli immobili collabenti vanno considerati fabbricati (e non aree fabbricabili) privi di rendita catastale. Ne deriva, l’esenzione dal pagamento dell’IMU poiché si tratta nel caso di specie di fabbricati per i quali non è possibile quantificare la base imponibile IMU poiché privi di rendita catastale, ossia, privi di un parametro fondamentale e imprescindibile per la quantificazione del tributo comunale. In altre parole, nel caso di specie l’esenzione dal pagamento dell’imposta è riconducibile non tanto alla tipologia di immobile quanto alla mancanza del parametro catastale di riferimento, fondamentale per la quantificazione della capacità reddituale del fabbricato stesso. Tuttavia, se, da un lato, alcuni Comuni sostengono che i fabbricati collabenti quanto meno (poiché privi di rendita catastale) siano da considerare area edificabile da assoggettare a tassazione, dall’altro i contribuenti ritengono sia da considerare un fabbricato non tassabile in alcun modo poiché privo di rendita catastale. Al fine di comprendere le ragioni delle due diverse posizioni è necessario partire dal dettato normativo disposto dalla  L.n° 160/2019 art.1, comma741 nella quale vengono definiti  gli “immobili” il cui possesso genera l’obbligo di versamento del tributo comunale, distinguendo tre categorie di immobili: fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli. La lettera a) della previsione normativa sopra richiamata dispone espressamente che per “fabbricato” deve intendersi “l’unità immobiliare iscritta o suscettibile di essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale”; la lettera b) dello stesso articolo definisce invece area fabbricabile “l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione”. Secondo i sostenitori della prima tesi l’impossibilità di considerare i fabbricati collabenti nella categoria dei fabbricati è da ricercarsi proprio nella definizione di fabbricato riconducibile alla lettera a) del comma 741, art.1 della L.n°160/2019. Come giù più volte segnalato, i fabbricati collabenti sono privi di rendita catastale parametro di riferimento, quest’ultimo, che quantifica la potenzialità reddituale del fabbricato iscritto o suscettibile di essere iscritto presso il catasto edilizio urbano. Diversamente, i Comuni impositori ritengono che i fabbricati collabenti non siano privi di rendita catastale ma siano più propriamente fabbricati la cui rendita è “temporaneamente sospesa” a causa della loro incapacità di produrre reddito. Al dibattito sembrava aver messo un punto definitivo il Dipartimento Finanze del Mef con la Risoluzione 4/DF del 2023 in occasione della quale il Ministero ha espressamente precisato che:

  • gli immobili collabenti seppur caratterizzati da un elevato livello di degrado che li rende di fatto inidonei all’utilizzo e alla produzione di reddito, restano comunque dei fabbricati ma comunque privi di rendita catastale poichè inidonei a configurare una capacità reddituale propria;
  • la mancanza di rendita catastale deriva dall’assenza di autonomia funzionale nonchè dalla incapacità reddituale del fabbricato per quanto temporanea;
  • le sentenze della giurisprudenza di legittimità che sostengono questa interpretazione sono da considerarsi principi generali sempre validi anche se relative alla “vecchia Imu.

La posizione chiara del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) nella Risoluzione n°4/DF del 2023 tuttavia non ha messo un punto fermo sulla questione in quanto oggi risultano ancora contenziosi pendenti presso le Corti di giustizia tributaria e alcuni Comuni proseguono nell’attività accertativa. Infatti, alla tesi ministeriale si contrappone quella assunta dai Comuni impositori i quali ritengono tassabili gli immobili collabenti almeno in qualità di “aree fabbricabili”; ne deriva che gli enti locali continuano ad accertare i contribuenti siano essi persone fisiche sia società interessati da questa particolare categoria di immobili. Volendo fare chiarezza sulla questione IMU in oggetto, considerando la tipologia e le peculiarità specifiche che caratterizzano gli immobili “collabenti” non è possibile ignorare che, l’impossibilità di utilizzo del parametro catastale, sia pure temporaneamente, pregiudica irrimediabilmente la possibilità di tassazione di questa tipologia di fabbricati con inevitabile pregiudizio per la quantificazione del tributo comunale. Ne, tanto meno, tale impossibilità da parte dei Comuni può essere, in qualche modo ovviata, facendo cadere la tassazione IMU sull’area fabbricabile pur non configurandosi nel caso di specie le condizioni normative e gli elementi fattuali per poter parlare di area edificabile avendo la stessa ha già espresso in termini di “cubatura” la sua potenzialità edificatoria.Considerato che sono ancora molti i contribuenti si trovano in questa situazione in qualità di  destinatari di accertamenti Imu da parte dei Comuni, sarebbe quanto meno opportuno un intervento chiarificatore  definitivo del legislatore.