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Dichiarata la nullità dell’atto di sollecito di pagamento della tassa sui rifiuti per omessa indicazione degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la pretesa.

Nota a Commissione Tributaria Regionale della Puglia, Sez. IV, sentenza 2609 del 23 settembre 2021.

 

A cura di Francesco Fatone.

 

«Deve essere dichiarata la nullità dell’atto sollecito di pagamento che non contiene la benché minima indicazione degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la pretesa, né le unità catastali di riferimento, né le superfici attinte, e nemmeno il relativo titolo costitutivo della pretesa».

 

La Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha confermato la nullità di un sollecito di pagamento emesso per il pagamento della tassa sui rifiuti nei confronti di una società svolgente attività commerciale di vendita di capi d’abbigliamento, attesa l’omessa indicazione dei necessari elementi di fatto e di diritto fondanti la pretesa tributaria, ovvero per vizio di motivazione.

Con previsione di carattere generale il Legislatore fiscale ha stabilito che tutti gli atti impositivi portanti una richiesta di pagamento di tributi necessitano di essere appositamente motivati ai sensi dell’art.7 della L. 27 luglio 2000, n°212 (Statuto dei diritti del contribuente), ovvero necessitano di rendere noti al contribuente i presupposti di fatto e le ragioni in diritto che hanno determinato la richiesta di pagamento medesima. In materia di tributi locali, la norma cui fare riferimento è quella contenuta nell’art.1, comma 162, L. 27 dicembre 2006, n°296 (legge finanziaria 2007), ove è stata sostanzialmente trasposta la portata normativa di cui al citato art.7 della L. 212/2000.

Nel caso deciso, il Giudice regionale, rigettando il gravame proposto dall’Amministrazione locale, ha confermato la nullità del sollecito di pagamento emesso per il recupero della tassa sui rifiuti per violazione della normativa succitata, e, in particolare, in quanto non recante elementi essenziali al fine di comprendere i motivi della tassazione: le coordinate catastali delle unità immobiliari oggetto della pretesa; le superfici, espresse in metri quadri, assoggettate a tassazione; il titolo costituivo della pretesa, per tale intendendosi l’insieme dei dati relativi al soggetto occupante dette unità immobiliari.

L’Estensore ha, altresì, evidenziato che l’Ente impositore neppure si è premurato di specificare se si è trattato di superfici dichiarate oppure accertate oppure rettificate.

Occorre specificare che l’atto impugnato dalla società contribuente è un sollecito di pagamento della TARES (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi)[1] notificato a mezzo spedizione postale con avviso di ricevimento, per il quale si è posta la necessità di proporre ricorso alla Giustizia tributaria nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di consegna dell’atto. Il contenuto dell’atto, limitato alla sola indicazione dell’importo da versare senza le ulteriori specificazioni di cui innanzi,neppure in ordine alle aliquote applicate, ha condotto all’ovvio annullamento del sollecito.

 

Francesco Fatone

[1] Il tributo TARES fu introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n°201 (Decreto Salva Italia), convertito con L. 22 dicembre 2011, n°214, con decorrenza dal 1° gennaio 2013. Sostituì i precedenti prelievi tributari sui rifiuti TIA e TARSU, ed è stato a sua volta sostituito dalla TARI (tassa sui rifiuti), con decorrenza dal 1° gennaio 2014, istituita con la L. 27 dicembre 2013, n°147 (legge di stabilità per il 2014).