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Il processo tributario non può più prescindere da una riforma urgente attesa da troppo tempo

Non vi è alcun dubbio ormai sul fatto che le Commissioni Tributarie abbiano dignità di Giurisdizione piene ed esclusive potendo tranquillamente essere considerate a tutti gli effetti  la quarta  Giurisdizione del nostro Ordinamento. Tuttavia, pur considerando le molteplici modifiche apportate all’art.2 del D.lgs.n°546/1992 che hanno gradualmente ampliato la competenza dei Collegi tributari, pur considerando l’evidente specialità della materia, la complessità dell’oggetto, l’indubbia rilevanza socio-economica la giurisdizione tributaria per quanto   giurisdizione speciale inverosimilmente non è ancora affidata a “Giudici specializzati” nel diritto tributario bensì esercitata da Giudici presi in prestito dalle altre Giurisdizioni.

E’ questa una constatazione che ancora oggi deprime profondamente gli operatori del  diritto tributario  che per obbligo deontologico devono patrocinare davanti ai Collegi tributari, al fine di tutelare gli interessi dei contribuenti destinatari della pretesa impositiva azionata dall’A.F.

Ad avviso di chi scrive, ancora più deprimente è sapere che l’attuale processo tributario, ancora oggi,  non assicura le condizioni necessarie per garantire il giusto equilibrio, ma soprattutto, quella giusta competenza imprescindibile in un ambito in cui solo la profonda conoscenza del diritto sostanziale può assicurare  al cittadino-contribuente la possibilità di  non vedere vanificato l’esercizio del  diritto  di difesa così come previsto dall’art.53 della Cost.

In particolare, il processo tributario è  fondamentalmente un processo ad impulso di parte  finalizzato ad assicurare ai cittadini–contribuenti nell’ambito dei fondamentali doveri di solidarietà sociale e degli imprescindibili principi dettati in proposito dall’art.53 Cost. in forza del quale tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva. E’ pacifico dalla normativa rinveniente dal D.lgs.n°546/1992 che senza un iniziativa mirata del cittadino- contribuente nessun processo tributario potrebbe avere mai luogo.

Non vi  è alcun  dubbio sul   fatto che   la normativa   attualmente  contenuta nel più volte richiamato  D.lgs.n°546/1992 non è più in sintonia con il tecnicismo, la complessità, la rilevanza socio-economica di una Giurisdizione che ha una sua peculiarità specifica e complessa che in quanto tale, necessita di essere affidata a Giudici conoscitori del diritto tributario quale diritto sostanziale che è cosa ben diversa dall’aspetto processuale.

E’ questo, ad avviso di chi scrive, l’obbiettivo prossimo e imminente a cui deve necessariamente tendere la Giurisdizione tributaria che non può prescindere da un adeguato grado di professionalità della magistratura tributaria.

 

  • Alcuni dati sulla Giurisdizione tributaria:

Volendo segnalare qualche dato, dall’ ultima Relazione sul contenzioso tributario è emerso che ogni Giudice di primo grado ha celebrato nel 2015 in media solo 24,2 udienze ed ha trattato 149,4 ricorsi introduttivi.

La situazione non migliora in sede di appello poiché troviamo rispettivamente 18,8 udienze e 72  appelli.

Sono questi dati evidentemente significativi che trovano una loro giustificazione in considerazione del fatto che i Giudici tributari svolgono la loro attività non a tempo pieno poichè evidentemente destinatari di compensi assolutamente inadeguati oltre che irrisori. Basti pensare che un Giudice tributario al netto delle ritenute fiscali percepisce un compenso netto di euro 25,00 per ciascun ricorso deciso a prescindere dal valore della controversia vagliata.

Alla luce di questi dati, da cui non è possibile prescindere, è chiaro che si tratta di una scelta obbligata e non più ulteriormente procrastinabile. Istituzione e formazione di Giudici di ruolo specializzati.

Ovviamente, la retribuzione dei Giudici tributari deve essere necessariamente congrua rispetto all’importanza della funzione nonché alla qualità e all’impegno che devono essere giustamente profusi da chi viene chiamato a dirimere controversie tributarie da cui spesso dipende il destino di una società, di un contribuente, di un immobile.

A prescindere dalla perdurante presenza o meno di Giudici laici o anche di Giudici a tempo parziale, da subito la Giurisdizione tributaria non può prescindere da un’ossatura fatta da Giudici togati esercenti tale giurisdizione a tempo pieno. Per fare questo, è necessario avviare la formazione di una classe di magistrati tributari “di ruolo”. Ovviamente, il reclutamento di nuovi Giudici tributari per il processo tributario post riforma dovrebbe avvenire attraverso una apposita procedura di concorso–corso per titoli ed esami prevedendo anche l’affiancamento  dei vincitori di concorso a Giudici tributari già operativi.

I requisiti specifici e i titoli da valutare ai fini dell’ammissione al concorso dovrebbero essere individuati sulla base di concrete esigenze di efficacia, efficienza e tempestività del processo tributario.

Per quanto riguarda poi la distribuzione del carico processuale- tributario ritengo possa essere possibile  e quanto meno opportuna una distinzione tra cause minori e cause maggiori attraverso una procedura semplificata che per le prime possa consentire una effettiva possibilità di difesa diretta da parte del cittadino-contribuente che può prescindere dall’obbligo di una difesa tecnica assicurata da un professionista incaricato. Non sarebbe da escludere ,a mio avviso, anche la possibilità di un Collegio tributario monocratico.

Altro obiettivo non di poco conto è quello relativo al potenziamento degli istituti deflattivi del contenzioso tributario facendo particolare riferimento alla vigente procedura del reclamo obbligatorio con possibile mediazione per le liti di valore non superiore a euro  ventimila. Questo nel presupposto che nell’anno 2015 il 69% circa dei ricorso introduttivi pari a circa 130.000 aveva ad oggetto quale valore della controversia al netto di sanzioni e interessi pari o inferiore a venti mila euro; ciò,  consentirebbe di introdurre un adeguato filtro di accesso alla Giurisdizione tributaria.

Per quanto riguarda poi l’affidamento della mediazione alla stessa A.F. la parzialità dell’ufficio (essendo parte interessata) potrebbe essere superata con l’istituzione di un apposito organismo di mediazione assegnando la funzione di mediatore ad un giudice ad hoc. Al riguardo, oltre alla possibilità di estendere il limite di valore introducendo un obbligo generalizzato di attivazione della procedura (che diventerebbe come accade per le altre giurisdizioni una condizione generale di procedibilità), andrebbe senza dubbio rivista l’attuale procedura di mediazione con il trasferimento delle funzioni all’Agenzia delle entrate ad un apposito organismo di mediazione terzo e imparziale che proprio  al fine di assicurare tale imparzialità potrebbe essere costituito o dai Giudici delle attuali Commissioni tributarie non transitati nei ruoli dei nuovi organismi giurisdizionali; o in alternativa,  dal personale del Ministero della Giustizia o della Presidenza del Consiglio.

 

Considerazioni conclusive:

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, non vi è alcun dubbio in ordine alla necessità non più procrastinabile di dover migliorare  necessariamente la struttura e conseguentemente il funzionamento della giustizia tributaria. Pertanto, urge una modifica sostanziale o meglio strutturale che sappia dare un nuovo volto oltre che nuova linfa alla giurisdizione tributaria.

In primis, è necessario assicurare il mantenimento delle attuali Commissioni tributarie quali giurisdizioni speciali evitando così ogni scivolamento verso la giurisdizione ordinaria. Infatti, il mantenimento dell’attuale struttura è funzionale  rispetto ad un processo inteso come momento di tutela del cittadino-contribuente anche attraverso la sua connotazione amministrativa. Non è condivisibile, ad avviso di chi scrive, accorpare la giurisdizione tributaria in quella ordinaria, sia pure creando delle sezioni specializzate. Il contenzioso tributario in realtà ha peculiarità e tempistiche  ben diverse che non potrebbero conciliarsi con il processo civile.

E’ altresì necessario pervenire alla separazione della giurisdizione tributaria dall’ombrello del MEF. Infatti, fino a quando sarà il MEF a garantire la sopravvivenza delle Commissioni tributarie, l’imparzialità, l’indipendenza e la terzietà dei giudici tributari resteranno delle mere conclamazioni. Per queste ragioni il cambiamento della denominazione da Commissioni tributarie a Tribunali e Corti di appello tributarie non costituisce solo un maquillage estetico ma un mutamento di sostanza.

In realtà, i giudici togati operanti a tempo pieno conoscitori del diritto tributario sostanziale dovranno essere la migliore garanzia sia per le parti private che per la parte pubblica che dovrà, dal canto suo, pur sempre operare nell’interesse della collettività e nel rispetto dei principi costituzionali di efficienza e buona amministrazione. Giudici togati esperti della materia tributaria nonché profondi conoscitori del diritto tributario in tutte le sue molteplici sfaccettature caratterizzata da un evidente tecnicismo di fronte al quale, non ci si può improvvisare. Tutto ciò, assicurerà con maggior vigore e in modo migliore l’esercizio del diritto di difesa Costituzionalmente garantito .

Pertanto, non vi è alcun dubbio che in questo nuovo scenario potranno maturare le condizioni per il consolidamento della professionalità dei giudici tributari; vale a dire, della loro specifica preparazione al pari dei giudici appartenenti alle altre giurisdizioni (si pensi ai magistrati del TAR e della Corte dei Conti e quelli operanti nelle diverse Procure) poiché  dediti a tempo pieno alla materia amministrata.

Ancora, per quanto concerne il giudizio innanzi alla Suprema Corte, va ripristinato il principio dell’impugnazione della sentenza per vizio di motivazione ante novella almeno sino a quando continueranno a rivestire la funzione giudicante componenti laici del tutto eccentrici (geometri, ingegneri, docenti in pensione di materie letterarie o impiegati di varie amministrazioni statuali). Non è tollerabile, infatti, che rimanga precluso il ricorso a causa di sentenze dal contenuto illogico, incoerente, autoreferenziale.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, ad avviso di chi scrive,  quello che più scoraggia  gli operatori del diritto tributario che quotidianamente si cimentano innanzi alle Commissioni tributarie per ivi far valere gli interessi dei propri assistiti, è che anche l’ultima riforma in ordine di tempo  apportata al processo tributario dal D.lgs.n°156/2015, in vigore dal 1 gennaio 2016 che pur ha rivisitato alcuni istituti processuali degni di nota ( la conciliazione giudiziale, la tutela cautelare, l’obbligo del  pagamento delle spese processuali in caso di soccombenza, la mediazione per i tributi locali, la possibilità di richiedere la sospensione della sentenza di primo grado e di appello), ancora una volta  nulla ha disposto in ordine alle modifiche strutturali e funzionali riferite alla Giurisdizione tributaria in quanto tale;  mi riferisco a  quelle modifiche assolutamente imprescindibili sopra evidenziate  e non più procrastinabili, se si vuole che la giustizia tributaria assuma effettivamente il rango di una Giurisdizione autonoma che in quanto tale sappia effettivamente assicurare in sede giudiziale sia alle parti private sia all’Amministrazione finanziaria la tutela degli interessi di cui ciascuno è portatore.